sabato 30 ottobre 2021

"Educarsi non vuol dire informarsi"

 

Solamente per cantare un po', mangiare un po' di Prasadam, partecipare al darshana delle Divinità, offrirle un poco di adorazione, fare un poco di servizio, si potrà ottenere la più sublime meta dell’esistenza. È una cosa da non credere, perché se veramente ci credessimo, lo metteremmo in pratica. Lo metteremmo in pratica molto intensamente, lo prenderemmo molto sul serio, ma per prenderlo sul serio occorre ascoltare, ascoltare e ancora ascoltare; questo significa educarsi. Educarsi non significa informarsi, ma significa trasformarsi, e trasformarsi significa applicare la conoscenza, applicare ciò che si è compreso, ciò che si è capito. Non è che io seguo una cosa e ne pratico un’altra; a cosa servirebbe? Se so che due più due fa quattro, ma quando lo metto in pratica affermo che fa cinque, tutto il risultato è sbagliato. Quindi, ho la conoscenza ed ho l’informazione; l’informazione è per la formazione, e così dobbiamo applicare la formazione. Applicare la conoscenza affinché ci sia formazione. Se non applichiamo la conoscenza per ottenere una formazione, allora non saremo formati dalla conoscenza, ma continueremo ad essere formati da Maya, continueremo ad essere formati dai nostri capricci, formati dalla nostra mente.

di

Srila Bhaktikavi Atulananda Swami

giovedì 14 ottobre 2021

"Costretti ad Inchinarci" di S.D.G.Bhaktivedanta Swami Prabhupada

 

La seguente conversazione tra Sua Divina Grazia A. C. Bhaktivedanta
Swami Prabhupada e un ospite si è svolta nel settembre del 1968
al Centro Hare Krishna di Seattle

 

Ospite: Puoi spiegare che cosa è la sottomissione?

Srila Prabhupada: Sottomissione? Sì è semplice. Tutti devono essere sottoposti a qualcun altro. Tu non sei sottoposto a qualcuno?

Ospite: A livello materiale sì, ma spiritualmente non mi sento subordinato a nessuno.

Srila Prabhupada: Se comprendi il significato della vita spirituale, capirai che anche tu sei subordinato perché la tua natura è di essere subordinato. Che cosa intendi per spirituale e materiale?

Ospite: Bene, per esempio nel lavoro sono sottoposto al mio capo, ma per quanto riguarda il mio vero essere, quello spirituale, non mi sento sottoposto al mio capo né a nessun altro. In altre parole, non sento di dovermi inchinare davanti a nessuno, né che qualcun altro debba inchinarsi davanti a me.

Srila Prabhupada: Perché non vuoi inchinarti?

Ospite: Perché penso che non devo niente a nessuno, né che qualcuno mi debba qualcosa.

Srila Prabhupada: Ecco, è proprio questa la malattia materiale. Siamo obbligati ad inchinarci, tuttavia pensiamo di non doverlo fare. Questa è la malattia.

Ospite: Nessuno può costringermi ad inchinarmi.

Srila Prabhupada: Cerca di capire. Dici di non volerti inchinare — è giusto?

Ospite: Sì, fondamentalmente è vero.

Srila Prabhupada: Perché?

Ospite: Perché non mi sento inferiore a nessuno.

Srila Prabhupada: Questa è la malattia dell’esistenza materiale. Hai diagnosticato la tua malattia. Tutti pensano: “Voglio essere il padrone. Non voglio inchinarmi.” Tutti pensano così. Non sei il solo ad avere questa malattia; tutti hanno questa mentalità malata: “Perché devo inchinarmi? Perché devo essere sottoposto?” La natura però mi costringe ad essere sottoposto. Ora, perché le persone muoiono? Sai rispondere a questa domanda?

Ospite: Perché le persone muoiono?

Srila Prabhupada: Sì, nessuno vuole morire, eppure tutti muoiono. Perché?

Ospite: Sì, la morte è una realtà biologica.

Srila Prabhupada: Questo significa che la biologia è una forza! Tu sei sottoposto alla biologia. Allora perché dici di essere indipendente?

Ospite: Sì, sento di esserlo.

Srila Prabhupada: Ti sbagli. Questo è il punto. Tu sei sottoposto alla biologia e devi inchinarti. Quando viene la morte non puoi dire: “Oh, io non ti obbedisco.” Perciò tu non sei indipendente.

Ospite: Sì, io sono subordinato a Dio.

Srila Prabhupada: No, per ora lascia da parte Dio. Dio è molto lontano. Ora stiamo parlando della natura materiale. Cerca di capire che sebbene tu non voglia morire, sei costretto a morire perché non sei indipendente.

Ospite: Oh, sì, questo va bene.

Srila Prabhupada: Allora puoi comprendere la tua posizione di essere subordinato. Non puoi affermare: “Sono libero; sono indipendente.” Se pensi di non voler essere subordinato, di non doverti inchinare, allora sei malato.

Ospite: Va bene. Ma a chi o a che cosa dovrei inchinarmi?

Srila Prabhupada: Prima di tutto cerca di capire bene qual è la tua malattia. Poi ti prescriveremo la medicina. T’inchini alla morte, t’inchini alla malattia, t’inchini alla vecchiaia — t’inchini davanti a moltissime cose. Sei costretto ad inchinarti, tuttavia pensi ancora: “Non posso inchinarmi; non mi piace inchinarmi.” Però devi inchinarti. Perché dimentichi la tua posizione? Questa dimenticanza è la tua malattia. Il passo successivo è capire che poiché sei costretto ad inchinarti, devi trovare il modo di essere felice anche inchinandoti. E questo è Krishna. Dovrai continuare ad inchinarti, perché sei fatto per questo, ma se t’inchini a Krishna e al rappresentante di Krishna, sarai felice. Questa è la differenza.

Se non t’inchini a Krishna e al Suo rappresentante, sarai costretto ad inchinarti a qualcos’altro, a maya [la natura materiale di Krishna]. Questa è la tua posizione. Non sarai mai libero. Se invece t’inchini a Krishna e al Suo rappresentante, sarai felice. Per esempio, un bambino s’inchina sempre davanti ai suoi genitori ed è felice. Sua madre dice: “Mio caro figlio, per piacere vieni a sederti qui.” “Sì,” dice il bambino ed è felice. Questa è la natura della relazione del bambino con sua madre. Nello stesso modo Krishna e il Suo rappresentante sono come genitori amorevoli e noi siamo come bambini indifesi nelle grinfie di maya. Se invece c’inchiniamo davanti a loro saremo salvi e felici. Perciò non puoi evitare d’inchinarti — non è possibile. Devi solo trovare le persone adatte a cui inchinarti. Questo è tutto. Se pensi artificiosamente: “Non m’inchinerò davanti a nessuno; sono indipendente,” allora soffrirai. Devi inchinarti soltanto davanti alle persone giuste — cioè a Krishna e al Suo rappresentante.

"La Sofferenza Umana e l'Ingiustizia di Dio" di S.D.G. Bhaktivedanta Swami Prabhupada

 


Questa conversazione tra Sua Divina Grazia A.C. Bhaktivedanta Swami Prabhupada e l'assistente sociale Ashoka Chugani si svolse a Bombay, India.

Sig. Chugani: Mi sono reso conto che questo vostro movimento per la Coscienza di Krishna sta dando in India un contributo molto prezioso. Probabilmente voi saprete anche del nostro successo. Stiamo facendo in modo di poter effettuare interventi agli occhi a favore di molti abitanti della zona di Bombay che ne hanno grande necessità. Siamo attrezzati per 5.200 pazienti.

Srila Prabhupada: Noi seguiamo la Bhagavad-gita così com'è. La Bhagavad-gita non insegna che per aiutare la gente occorre prendersi cura dei loro occhi. Krishna non ci insegna questo tipo di filosofia nella Bhagavad-gita. E' una vostra idea. Noi invece seguiamo la Bhagavad-gita così com'è. Questa è la differenza fra il vostro lavoro e il nostro. Il nostro programma consiste, piuttosto che curare solo gli occhi delle persone, nel dare loro la vera cura. Se si dà a una persona la Coscienza di Krishna, questa non dovrà più rinascere in questo mondo materiale. Il che significa non avere più questo corpo materiale, non avere più occhi, non avere più malattie. Questo è la vera cura contro la sofferenza.

Qualcuno si prende cura degli occhi, altri si prendono cura dello stomaco, dei denti o di qualcos'altro... Ma questo non risolve il problema. Il vero problema, come dice la Bhagavad-gita, è janma-mrityu-jara-vyadi: nascita, morte, vecchiaia e malattia. Dato che sei nato, hai questi occhi e così puoi avere malattie agli occhi. Nascita, morte, vecchiaia e malattia: avendo accettato di nascere, devi anche accettare la vecchiaia, la malattia e la morte. Gli ospedali possono offrire un sollievo temporaneo, ma non è una soluzione definitiva. La soluzione è porre fine alla nascita, alla morte, alla vecchiaia e alla malattia. Se si giunge a questa soluzione, non ci saranno più problemi agli occhi, mai più. Supponiamo che un ammalato vada dal dottore per farsi curare. I suoi sintomi a volte sono mal di testa, a volte male agli occhi, a volte mal di stomaco. Ora, se il medico desse medicine solo contro i sintomi, sarebbe una cura? No. Quest'uomo ha una malattia e, se si cura la malattia, automaticamente verranno curati i sintomi.

Allo stesso modo, tutti in questo mondo materiale soffrono per le ripetute nascite e morti. Ma la Bhagavad-gita dà la vera cura: come non nascere di nuovo in questo mondo materiale. Krishna ci consiglia nella Bhagavad-gita di tollerare questa sofferenza temporanea. Proprio come il corpo non è permanente, così anche le malattie non sono permanenti. Bisogna tollerare la temporanea sofferenza e risolvere il vero problema: dobbiamo fermare il ripetersi delle nascite e delle morti. Ma la gente non sa che nascita e morte possono essere fermate e così si impegnano a risolvere i loro problemi temporanei. La Bhagavad-gita spiega in che modo, nel lasciare il corpo al momento della morte, si può tornare a casa, tornare a Krishna: tyaktva deham punar janma naiti mam eti. Basta con le nascite in questo mondo materiale: questa è la vera cura a tutte le sofferenze.

Sig. Chugani: E per quanto riguarda il problema della fame? Noi stiamo lavorando per risolvere...

Srila Prabhupada: La fame? Questo non è un problema. I Veda dicono: nityo nityanam cetanas cetananam - eko bahunam yo vidadhati kaman. Dio provvede perfettamente al cibo per tutti gli esseri viventi. Se a qualcuno manca del cibo non è che una benedizione. E' un piano di Dio per correggerlo. Supponiamo che un bambino sia ammalato e che suo padre non gli dia da mangiare. Non si tratta di soffrire la fame ma di ricevere una benedizione dal proprio padre. E' una cura. Perché il bambino dovrebbe lamentarsi? Il cosiddetto problema della fame non è che un'invenzione della mente. Ma noi non inventiamo niente, noi prendiamo la nostra conoscenza dalle scritture. Tat te 'nukampam susamiksamano bhunjana evatmakrtam vipakam: se un devoto del Signore soffre la fame, non si lamenta.

La considera una benedizione: "Ho fatto qualcosa di male così Dio mi ha messo in difficoltà. Non è che una Sua benedizione". Questo è il nostro modo di vedere, queste sono le scritture. La gente fa spesso questa domanda: "Come può Dio essere duro con alcuni e generoso con altri? E' un'ingiustizia". Dio è buono ma la gente non Lo capisce. Quando manca l'intelligenza, quando si vede che la gente soffre la fame si dice che Dio non è buono. Ma il fatto è che siete voi a non essere buoni. Ognuno soffre per colpa propria. Così un devoto vede la sofferenza come una benedizione di Krishna e poiché il devoto pensa in questo modo, la sua liberazione è garantita (muktipade sa dayabhak).

Sig. Chugani: Le vie del Signore sono difficili per noi da capire. Sembrano proprio ingiuste.

Srila Prabhupada: In realtà voi non credete in Dio. E questo è il vero problema. Voi credereste in Dio solo se Dio fosse un vostro servitore o fosse pronto a soddisfare i vostri ordini. Uno dei miei confratelli, dalla Germania, mi ha detto che nella seconda guerra mondiale, quando i tedeschi andarono a combattere, tutte le donne furono lasciate a casa. Così le donne andavano in chiesa a pregare Dio affinché i loro mariti, i loro padri e i loro figli tornassero a casa. Ma nessuno di loro tornò e tutte diventarono atee.

"Ah, è inutile andare in chiesa! Ho pregato così tanto per mio marito ma non è ritornato. E' inutile". Così questo è il loro modo di comprendere Dio. Quando fu dichiarata la guerra nessuno consultò Dio. Ma quando i loro mariti stavano per andare a morire allora si rivolsero a Lui. Ordinarono a Dio di far tornare i loro mariti incolumi. "Dio non l'ha fatto tornare a casa. Quindi Dio è ingiusto e quindi non siamo interessate a Dio". E anche qui si ha questa attitudine: quando le persone si comportano in modo peccaminoso, Dio non viene mai consultato. Ma quando soffrono, allora piangono davanti a Dio e, se non esegue i loro ordini, diventano tutti atei. "Dio è ingiusto!" dicono. E questo succede perché sono dei mascalzoni!