lunedì 26 aprile 2021

"Gesù Cristo era un Guru" di A.C.Bhaktivedanta Swami Prabhupada

 

Il maestro spirituale fondatore del Movimento per la Coscienza di Krishna riconosce Gesù Cristo come “il figlio di Dio, il rappresentante di Dio…”il nostro guru…la nostra guida spirituale”, ma non risparmia parole dure a coloro che si proclamano suoi seguaci.

Lo Srimad-Bhagavatam afferma che ogni autentico predicatore della coscienza di Dio deve possedere tolleranza (titiksà) e compassione (karunà), due qualità presenti nel carattere di Gesù Cristo. Egli era così tollerante che non biasimò nessuno perfino mentre veniva crocifisso, ed era così compassionevole che pregò il Padre di perdonare proprio quelli che cercavano di ucciderlo. (Ovviamente non potevano ucciderlo, ma avendone l’intenzione, si macchiarono di una grave offesa). Sulla croce Cristo pregò: “Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno”.
Un predicatore della coscienza di Dio è amico di tutti e Gesù illustrò questo principio insegnando il quinto comandamento, “Non uccidere”, ma i cristiani travisano la sua istruzione. Credono che gli animali non abbiano l’anima, perciò si sentono liberi di ucciderne a milioni nei mattatoi. Sono numerosi coloro che si professano cristiani, ma è davvero molto difficile trovarne uno che segua alla lettera le istruzioni di Gesù Cristo. Un vaishnava è infelice nel vedere gli altri soffrire, e Gesù Cristo accettò di sacrificarsi per liberare il prossimo dalla sofferenza, ma i suoi seguaci sono così sleali da pensare: “Lasciamo che soffra per noi e continuiamo a peccare”. Amano a tal punto Cristo da dirgli: “Mio caro Gesù, siamo troppo deboli per abbandonare le nostre attività colpevoli, quindi, per favore, soffri tu per noi”.
 
Gesù ha detto “Non uccidere”, ma i suoi seguaci hanno deciso di uccidere comunque e aprono grandi mattatoi altamente meccanizzati. “Se pecchiamo, Cristo soffrirà per noi”. Questa è la loro abietta conclusione. Cristo può assumersi le sofferenze dovute ai peccati pregressi dei suoi devoti, ma essi devono innanzitutto ragionare con profonda onestà: “Perché Gesù deve pagare per i miei peccati? Sono io che devo smettere di peccare”.
Supponiamo che il figlio prediletto di un uomo commetta un omicidio e pensi: “Se mi arrestano sarà mio padre a soffrire al posto mio”. La legge lo permetterà? Quando l’omicida viene preso e dice, “No, no! Rilasciate me e arrestate mio padre, sono il suo figlio prediletto”!, la polizia accoglierà la sua stupida richiesta? Lui ha commesso l’omicidio ma pensa che suo padre dovrebbe subire il castigo! E’ una proposta ragionevole? “No. Tu sei l’assassino, tu devi essere condannato”. Quando commettete atti peccaminosi siete voi a patirne le conseguenze, non Gesù. Questa è la legge di Dio.
Gesù Cristo era una personalità davvero grande, il figlio di Dio. Non aveva difetti, eppure fu crocifisso. Voleva dare a tutti la coscienza di Dio, ma in cambio fu messo in croce. Erano così ingrati! Non riuscivano ad apprezzare la sua predica. Noi invece l’apprezziamo e onoriamo Gesù come rappresentante di Dio. Egli dovette adeguare il proprio messaggio al tempo, al luogo e alla circostanza in cui predicò, ma è senz’altro il rappresentante di Dio, quindi lo veneriamo e gli offriamo i nostri omaggi.
Una volta, a Melbourne, un gruppo di sacerdoti cristiani venne a farmi visita. Mi chiesero cosa pensassi di Gesù Cristo e si mostrarono contenti quando risposi: “E’ il nostro guru. Predicava la coscienza di Dio, quindi è il nostro maestro spirituale”.
In realtà, chiunque predichi le glorie di Dio deve essere accettato come guru. Gesù era una grandissima personalità; non dobbiamo crederlo un uomo comune. Le Scritture dicono che chiunque consideri il maestro spirituale un uomo comune ha una mentalità demoniaca. Se Gesù fosse stato una persona ordinaria, non avrebbe potuto diffondere la coscienza di Dio.

"Abbandonarsi a Srì Guru" di Srila B.R.Sridhara Deva Goswami


 Persino gli eruditi rimangono perplessi nel capire cosa sia il bene e cosa sia il male, cosa accettare e cosa rifiutare (kim karma kim akarmeti kavayo ‘py atra mohitah). Persino gli eruditi sbagliano nel comprendere quali siano le loro reali necessità. Questo mondo materiale è una giungla di perplessità, dove l’anima accetta tanti tipi di corpi in differenti tipi di coscienze. Viene affermato nelle “Leggi di Manu”:


jalaja nava laksani
sthavara laksa vimsati
krmayo rudra-sankhyakah
paksinam dasa laksanam
trimsal laksani pasavah
catur laksani matusa

Esistono 900.000 specie di esseri acquatici, 2.000.000 specie di alberi e piante, 1.100.000 specie di insetti e rettili, 1.000.000 specie di uccelli, 3.000.000 specie di animali a quattro zampe e 400.000 specie di esseri umani. Manu asserisce che gli alberi posseggono una forma così disperata come risultato del loro karma. La loro sensazione di dolore e di piacere è simile alla nostra, la loro anima non è inferiore, ma vivono una situazione disagiata a causa del loro karma, perciò non possono fare altro che biasimare loro stessi per la situazione in cui si trovano. Questo è lo stato delle cose nel mondo esterno. Viviamo in un ambiente afflitto da gravi ideologie sbagliate, da fraintendimenti, inganni e cattivi comportamenti. Come possiamo essere certi di ciò che è giusto o sbagliato, di ciò a cui dovremmo aspirare o rigettare? Numerose alternative si accalcano una sull’altra, venute per influenzarci, e quando questo piano coperto dall’illusione e influenzato dall’inganno è colmo di tali diversità, come possiamo sperare di riconoscere l’infinito mondo spirituale di Vaikuntha? Con quale attitudine dovremmo avvicinare quel regno trascendentale situato oltre il regno dei sensi e della mente (adhoksaja)?
 

Il Guru Sincero
 
Dobbiamo adottare qualsiasi risorsa e accettare qualsiasi compagnia che ci aiuti a guadagnare l’entrata in quel regno. Dovremmo cercare di avere anche la più piccola connessione con quello scopo perfetto che è la nostra innata aspirazione. Siamo senza aiuto, senza speranza nel mezzo della delusione, siamo in estremo pericolo, facciamo affidamento sul nostro libero arbitrio, sulla nostra capacità di comprendere veramente in cosa consiste il nostro bene, ma è talmente debole da non essere in grado di guidarci. In quale pericolo siamo! Tutto, intorno a noi, è testimone di questo pericolo. Un guru autentico che ci guidi verso il nostro vero benessere è sommamente importante! Una guida adeguata è la cosa più preziosa e importante per tutti noi, perché ci troviamo nel mezzo di più forze che ci strattonano e ci attraggono verso più direzioni. Dobbiamo essere attenti e imboccare la giusta direzione, perché se accettiamo la guida di chiunque e ovunque, saremo solo sviati. Questa direzione ci viene fornita da Krishna nella Bhagavad-gita:

tad viddhi pranipatena
pariprasnena sevaya
upadeksyanti te jnanam
jnaninas tattva darsinah

Cerca di conoscere la verità avvicinando un maestro spirituale, ponigli delle domande con sottomissione e servilo. L’anima realizzata può rivelarti la conoscenza perché ha visto la verità”.
 

I Requisiti di un Discepolo
 
Krishna ci fornisce, qui, il modello sul quale basarci per capire da una fonte autentica “ciò che in verità è”. Il campione di misurazione della verità e della menzogna non deve venire da un piano viziato e vulnerabile, ma da un piano reale, e per realizzarlo dobbiamo possedere questi tre requisiti: pranipat, pariprasna e seva. Pranipat significa che dovremmo arrenderci a questa conoscenza non ordinaria, priva di un soggetto che può diventare oggetto, perchè essa stessa è super-soggetto. Noi possiamo essere i soggetti in questo mondo grossolano, ma per essere toccati dalla super-conoscenza di quel piano, dovremo diventarne gli oggetti. Pranipat significa avvicinare un Maestro Spirituale con la seguente attitudine: “Ho terminato con le esperienze di questo mondo esterno, non ho nessuna attrazione per questo piano nel quale ho già viaggiato. Ora offro me stesso esclusivamente sul Tuo altare. Desidero ricevere la Tua grazia”. Dovremmo avvicinare la più alta conoscenza con questo sentimento. Pariprasna significa onestà, domanda sincera. Dobbiamo porre delle domande abbandonando la tendenza alla discussione e lo spirito di controversia. Tutti i nostri sforzi dovrebbero essere incentrati verso un atteggiamento positivo idoneo per apprendere la Verità, lasciando lo spirito dubbioso e sospettoso. Con piena attenzione dovremmo cercare di capire la verità, perché ci viene data da un piano di realtà superiore che non abbiamo mai conosciuto. Per concludere troviamo seva, servizio. Questo è l’aspetto più importante. Stiamo cercando di giungere alla conoscenza non per ricavare un aiuto da quel livello, non per poter utilizzare quell’esperienza in questo piano di vita, ma per impegnarci a servirla. Solo con questa attitudine possiamo avvicinare quel livello di conoscenza. Dovremmo servire la più alta conoscenza, non cercare di farci servire da essa, altrimenti non ci sarà concesso di entrare in quel mondo. La conoscenza suprema non ci viene data per servire questo piano inferiore, ma per offrire noi stessi ed essere utilizzati da Lei. Non dobbiamo cercare di usarla egoisticamente per soddisfare i nostri bassi scopi. Lui non deve dedicarsi a noi per soddisfare i nostri scopi animaleschi; al contrario, siamo noi che dovremmo dedicarci a Lui in un sentimento di servizio. Con questa attitudine dobbiamo cercare il piano della vera conoscenza e ricevere un modello di comprensione che ci faccia capire “ciò che in verità è” ed avere un’appropriata valutazione del nostro ambiente. Nella cultura Vedica la conoscenza assoluta è sempre stata impartita solo con questo processo e mai attraverso un approccio intellettuale. Srila Prabhupada Bhaktisiddhanta era solito fare l’analogia dell’ape: il miele è nella bottiglia, il tappo la chiude e l’ape è seduta sul vetro. Essa cerca di gustare il miele leccando la bottiglia, ma così come l’ape non può gustare il miele in questo modo, gli intellettuali non
possono avvicinare il mondo dello spirito. Possiamo pensare di averlo raggiunto, ma non è cosa possibile: la barriera è lì, proprio come il vetro della bottiglia. Il conseguimento intellettuale non è il conseguimento reale della conoscenza superiore. Solo attraverso la fede, la sincerità e la dedizione possiamo raggiungere quel regno superiore e diventarne membri. Possiamo entrare in quel piano superiore solo se ci viene dato un visto per esserne ammessi; solo in questo modo possiamo entrare nella terra dell’esistenza divina. Un candidato deve possedere questi tre requisiti per essere in grado di avvicinare la verità, la quale è situata sul piano superiore della Realtà Assoluta. E’ possibile avvicinare la Verità Assoluta solo con un’attitudine di umiltà, sincerità e dedizione.
Nello Srimad-Bhagavatam e nei Veda troviamo una affermazione simile. Nelle Upanisad è detto:

tad vijnanartham sa gurum evabhigacchet samit panih srotriyam brahma nistham

Avvicina un maestro spirituale non casualmente o esitando, ma col cuore candido e sincero.”

giovedì 22 aprile 2021

Dal "Nettare dell'Istruzione" di Srila Rùpa Goswami


                               Verso I

 

vaco vegam manasah krodha-vegam
jihva-vegam udaropastha-vegam
etan vegan yo visaheta dhirah
sarvam apimam prthivim sa sisyat

 

Traduzione

La persona equanime che riesce a controllare l’impulso di parlare, le esigenze della mente, l’influenza dell’ira, e gli stimoli della lingua, dello stomaco e dei genitali, è qualificata per fare discepoli in tutto il mondo. 

 

Spiegazione

 Nello Srimad-Bhagavatam (6.1.9-10), Pariksit Maharaja ha posto a Sukadeva Gosvami una serie di domande intelligenti. Una di queste domande era: “Perché le persone si sottopongono all’espiazione se non riescono a controllare i propri sensi?” Ad esempio, un ladro può essere perfettamente a conoscenza della possibilità di essere arrestato per aver rubato, e può anche darsi che assista all’arresto di un altro ladro da parte della polizia, ma tuttavia continua a rubare. Ci vuole esperienza sentendo e vedendo. Qualcuno che è poco intelligente acquista esperienza vedendo, mentre quello che è più intelligente accumula esperienza ascoltando. La persona intelligente si astiene dal rubare, perchè ha ascoltato dai libri di diritto e dagli shastra o scritture, che non è buona cosa rubare, e perchè ha sentito che il ladro viene punito al momento dell’arresto. La persona meno intelligente probabilmente deve prima essere arrestata e punita per aver rubato, per imparare a smettere di rubare. Tuttavia, il furfante, l’uomo disonesto, forse ha dell’esperienza per aver visto e sentito, e può anche essere stato punito, ma continuerà ancora a rubare. Anche se quella persona espia e sconta la pena comminata dall’autorità, tornerà a rubare appena uscita di prigione. Se si considera che la punizione del carcere è una sorta di espiazione, allora a cosa serve l’espiazione? Così Maharaja Pariksit chiese:

drsta srutabhyam yat papam
janann apy atmano ‘hitam
karoti bhuyo vivasah
prayascittam atho katham

kvacin nivartate ‘bhadrat
kvacic carati tat punah
prayascittam atho ‘partham
manye kuñjara-saucavat

Egli paragonò l’espiazione al bagno di un elefante. L’elefante può fare il bagno nel fiume con molta cura, ma non appena si ritrova a riva si cosparge tutto il corpo di terra. A cosa gli è servito allora fare il bagno? Allo stesso modo, molti praticanti spirituali cantano il maha-mantra Hare Krishna, ma contemporaneamente si impegnano in molte attività proibite, pensando cantando contrasteranno le loro offese. Tra i dieci tipi di offese che si possono commettere mentre si canta il santo nome, questa offesa è denominata namno balad yasya hi papa-budhih: impegnarsi in attività peccaminose approfittando del canto del maha-mantra Hare Krishna. Similarmente, alcuni cristiani vanno in chiesa a confessare i propri peccati, pensando che confessandoli ad un prete ed eseguendo qualche penitenza, si libereranno dei risultati dei loro peccati settimanali. Non appena finisce il sabato e giunge la domenica, ricominciano con le loro attività peccaminose, in attesa di essere perdonati il sabato successivo. Pariksit Maharaja, il re più intelligente del suo tempo, condanna questo tipo di prayascitta o espiazione. Sukadeva Gosvami, essendo ugualmente intelligente, come si addice al Maestro Spirituale di Maharaja Pariksit, rispose e confermò al re, che la sua affermazione riguardo all’espiazione era corretta. Non si può contrastare un’attività peccaminosa con una attività di pia. Quindi la vera prayascitta o espiazione, è quella di risvegliare la nostra coscienza di Krishna latente. La vera espiazione implica progredire per raggiungere la vera conoscenza, e per raggiungere questo obiettivo vi è un processo autorizzato. Quando qualcuno segue un processo regolato di igiene non si ammala. L’essere umano deve essere addestrato in conformità ad alcuni principi che ravvivano la sua conoscenza originale. Questa vita metodica è denominata tapasya. Uno può elevarsi gradualmente, fino alla vera conoscenza o coscienza di Krishna, praticando austerità e il celibato (brahmacarya), controllando la mente, controllando i sensi, abbandonando i propri averi e dandoli in carità, essendo dichiaratamente veritiero, mantenendosi pulito e praticando gli yoga-asana. Tuttavia, se qualcuno è così fortunato da associarsi a un puro devoto, potrà facilmente superare tutte le pratiche per il controllo della mente, eseguite con il processo dello yoga mistico, semplicemente seguendo i principi regolatori del sentiero della coscienza di Krishna – astensione dal sesso illecito, dal mangiare carne, dal drogarsi o ubriacarsi e dal gioco d’azzardo, e dedicarsi a servire il Signore Supremo sotto la direzione di un Maestro Spirituale autentico. Srila Rupa Gosvami raccomanda questo semplice processo.

mercoledì 21 aprile 2021

"Piacere materiale significa sfruttamento, ed è reazionario" di Srila B.R.Sridhara Maharaja

 

Per favore, ascolta attentamente. Cercherò di spiegarti scientificamente il soggetto in generale, indipendentemente da qualsiasi concezione religiosa.

 Prima di tutto dobbiamo capire che esistono tre piani di vita: il piano dei piaceri materiali, il piano della rinuncia, il piano della devozione. Il piano del piacere mondano è quello in cui, più o meno, ci troviamo ora. Godimento materiale significa sfruttamento; senza sfruttamento niente può esistere in questo piano:

ahastàni sahastànam
apadàni catuspadàm
laghuni tatra mahatàm
jìvo jìvasya jìvanam
 
"Gli esseri senza mani sono la preda di quelli che hanno le mani; gli esseri senza zampe sono la preda di quelli che camminano. Così del debole si nutre il forte, e la legge universale vuole che ogni specie sia cibo per un'altra".

Tutto è pieno di vita: gli alberi, le piante rampicanti e anche l'erba, ma senza sfruttamento nessuno può mantenere il proprio corpo qui. Questo è il piano dello sfruttamento, e come dice Newton nella sua terza legge, ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria. Attraverso lo sfruttamento si contrae un debito, e per estinguere questo debito si dovrà scendere. In questo modo esistono tantissime jìva (anime) che scendono e salgono, su e giù in base alle azioni e reazioni nel piano dello sfruttamento. Anche la società umana si basa sull'estremo sfruttamento; ovunque esiste il tentativo di vivere a costo della vita di altri. Senza questo, la vita è impossibile.
I Buddisti, i Giainisti, i seguaci di Sankara e tanti altri, tentando di sfuggire a questa trappola, cercano una vita dove non ci siano nè azione nè reazione. Per evitare azione e reazione cercano di trovare una posizione di rinuncia, ed arrivano a sviluppare una concezione simile ad un sonno senza sogni, il samàdhi: distaccarsi completamente dal mondo oggettivo e rimanere in un piano soggettivo. Non permettendo ai propri sentimenti di spostarsi nel piano più basso, essi mantengono sempre una posizione soggettiva, qualcosa di simile ad un sonno senza sogni.
I Vaisnava, coloro che servono la Suprema Personalità di Dio, sono dell'opinione che esista un altro mondo, quello della devozione. La devozione è proprio l'opposto dello sfruttamento. Nel piano mondano ogni unità vuole sfruttare l'ambiente, ma nel piano della devozione ogni unità vuole servire l'ambiente; e non solo l'ambiente, ma la vera chiave della vita in questo piano è quella di servire il Centro. Viviamo in un insieme organico, di conseguenza ogni punto deve essere collegato al Centro organico. La spiegazione è data nello Srìmad Bhàgavatam con l'analogia del servire la radice di un albero:
 
yathà taror mùla-nisecanena
trpyanti tat-skandha-bhujopasàkhàh
prànopahàràc ca yathendriyànàm
tathaiva sarvàrhnam acyutejya
S.B.4.31.14
 
"Come innaffiando le radici di un albero si dà energia a tutto l'albero, al tronco, ai rami, alle foglie e a tutto il resto, come fornendo cibo allo stomaco si dà forza ai sensi e alle varie membra del corpo, così il semplice fatto di adorare Dio, la Persona Suprema, col servizio devozionale vengono soddisfatti automaticamente anche gli esseri celesti, che sono frammenti di questa Persona Suprema"
 
Anche nella letteratura Vedica troviamo scritto: "Cerca di trovare l'Uno conoscendo il quale tutto è conosciuto".
Esiste un punto centrale conoscendo il quale tutto è conosciuto, ottenendo il quale tutto è ottenuto. Il consiglio di tutti i Veda è cercare di scoprire il Centro. Cerca perciò di identificare questo Centro. All'inizio alcuni potrebbero pensare che questa sia un'affermazione ridicola: "Solo un pazzo può dire una simile assurdità!". Un'analogia è data nello Srimad Bhagavatam: quando versi dell'acqua alla radice dell'albero, l'intero albero viene nutrito, e se metti del cibo nello stomaco l'intero corpo viene nutrito; similmente, se tu servi il Centro, tutto viene servito. Fare questo è possibile, e significa entrare nel piano della devozione. Evitando il piano dello sfruttamento e anche quello della rinuncia, cerca di entrare in quello della devozione. La tua àtmà, la tua anima, è un membro di quel piano. Quello è il mondo reale, mentre questo ne è un riflesso distorto.
Il mondo reale è quello in cui ogni unità si dedica al tutto, rappresentato dal Centro, proprio come in un corpo sano ogni atomo lavora per il benessere dell'intero organismo. Se un atomo inizia a lavorare solo per sè stesso, allora comincia lo sfruttamento, e un tale lavoro localizzato per un interesse localizzato è chiaramente negativo. Ogni parte del corpo, ogni atomo, deve lavorare per il benessere dell'intero sistema. Esiste un Centro, e sotto la sua guida dovremmo lavorare.


martedì 20 aprile 2021

"CIVILTA' SQUILIBRATA" di Srila Bhaktivedanta Swami Prabhupada

 

 Srimad Bhagavatam  6.1.49 New Orleans, 1 Agosto1975



yathājñas tamasā (yukta)
upāste vyaktam eva hi
na veda pūrvam aparaṁ
 naṣṭa-janma-smṛtis tathā
 
(SB 6.1.49)
 

"Come una persona addormentata agisce secondo il corpo che manifesta nei suoi sogni e lo considera il suo vero sé, così una persona s'identifica col suo attuale corpo, acquisito grazie alle passate attività religiose o irreligiose, e non è in grado di conoscere le sue vite passate o future." 

 

Questa è la nostra posizione. Questo è il nostro progresso nella scienza, noi non sappiamo chi eravamo prima di questa vita, e cosa diventeremo dopo questa vita. La vita continua. Questa è la conoscenza spirituale. Ma molti non sanno neanche che la vita continua. Pensano di avere ottenuto questa vita per caso, pensano che tutto termina con la morte, che non c'è bisogno di porsi domande sul passato, sul presente o sul futuro. "Godiamocela", pensano. Questa si chiama ignoranza, tamasā, vita irresponsabile. Ajñaḥ; ajñaḥ significa "colui che non ha conoscenza". E chi sono coloro che non hanno conoscenza? tamasā, coloro che sono influenzati dall'ingnoranza. Ci sono tre tipi di influenze materiali: sattva, raja e tamas. Sattva-guna significa che tutto è chiaro, prakāśa. Proprio come ora, il cielo è coperto dalle nuvole e non è chiara la luce del sole. Ma al disopra delle nuvole c'é il sole, e tutto é chiaro. E anche all'interno delle nuvole non c'è chiarezza. Allo stesso modo, per coloro che sono influenzati da sattva-guna, tutto è chiaro, ma per coloro che sono influenzati da tama-guna, tutto è ignoranza, e coloro che si trovano da un misto di sattva-guna e tama-guna, sono influenzati da rajo-guna. Queste persone sono semplicemente interessate al corpo presente, non gli importa cosa accadrà, e non hanno nessuna conoscenza di cosa erano prima. E' scritto: nūnaṁ pramattaḥ kurute vikarma (SB 5.5.4). Pramattaḥ, proprio come un uomo pazzo, egli non sa perché é diventato matto, l'ha dimenticato, e dovuto alle sue attività, quello che accadrà dopo, lui non lo sa. Una persona pazza.

Quindi questa civiltà, la civiltà moderna, è proprio come la civiltà dei pazzi. Non hanno nessuna conoscenza della vita passata, e non sono nemmeno interessati alla vita futura. nūnaṁ pramattaḥ kurute vikarma (SB 5.5.4). Sono pienamente impegnati in attività colpevoli, perché non hanno conoscenza della vita passata. Proprio come un cane. Perché egli è diventato un cane, lui non lo sa, e non sa nemmeno cosa gli succederà dopo. Così un cane potrebbe essere stato il primo ministro nella sua vita passata, ma quando ottiene la vita da cane, egli si dimentica. Anche questa è un'altra influenza di māyā. -illusione- prakṣepātmikā-śakti, āvaraṇātmikā-śakti. Māyā ha due potenze. Se qualcuno, dovuto alle sue attività peccaminose passate, diventasse un cane, e se ricordasse che "Io ero il primo ministro e ora sono diventato un cane", sarebbe impossibile per lui continuare a vivere. Perciò, māyā copre la sua conoscenza. Mṛtyu. Mṛtyu significa dimenticare tutto. Ciò si chiama mṛtyu. Di ciò facciamo esperienza ogni giorno e ogni notte: quando di notte sogniamo, ci dimentichiamo di questo corpo. Dimentichiamo di essere sdraiati in un letto all'interno del nostro appartamento. No. Siamo convinti, forse, di stare  vagabondando per la strada o di trovarci in cima ad una collina. E siamo interessati solamente a quel corpo che stiamo sognando. Ci dimentichiamo del corpo precedente. Questa è ignoranza. L'ignoranza è così, e più  ci eleviamo dall'ignoranza alla conoscenza, più saremo vicini al successo della vita. Se rimarremo nell'ignoranza, sarà un completo fallimento. Significa rovinare la vita. Il Movimento per la Coscienza di Kṛṣṇa ha lo scopo di elevare una persona dall'ignoranza alla conoscenza. L'intero schema della letteratura vedica mira a liberare una persona. Kṛṣṇa, nella Bhagavad-gita, parla dei Suoi devoti, non di tutti. teṣāṁ ahaṁ samuddhartā mṛtyu-saṁsāra-sāgarāt (BG 12.7) E ancora:

teṣāṁ evānukampārtham
aham ajñāna-jaṁ tamaḥ
nāśayāmy ātma-bhāva-stho
jñāna-dīpena bhāsvatā
 
(BG 10.11)

Specialmente per i devoti... Egli si trova nel cuore di ognuno, ma Kṛṣṇa aiuta quel devoto che sta cercando di capirLo. Egli aiuta. I non-devoti conducono una vita simile a quella degli animali: mangiare, dormire, vita sessuale e difendersi. A loro non importa nulla della scienza spirituale, di come comprendere Dio o quale sia la loro relazione con Dio. Pensano Dio non esista. Anche Kṛṣṇa dice: "Sì, Dio non esiste. Dormite pure." Perciò viene richiesto sat-saṅga (la compagnia dei devoti). Satāṁ prasaṅgāt. Associandoci con i devoti risvegliamo la nostra curiosità riguardo a Dio. Per questo c'é bisogno di luoghi nei quali offrire la compagnia dei devoti. Non stiamo aprendo così tanti centri inutilmente. No. Tutto è fatto per il beneficio della società umana.