lunedì 11 gennaio 2021

Chi è Siva


Siva ha un principio esistenziale particolare. Le Scritture Vediche menzionano tre principi: il primo è il sakti-mahan-tattva o isa-tattva, il principio del controllore supremo chiamato anche isvara-tattva o, sakti-mahan, proprietario di tutte le energie, e corrisponde a Visnu, la Verità Assoluta. Il secondo è il sakti-tattva, il principio dell'energia e il terzo è il jiva-atma, il principio dell'essere vivente situato in una posizione marginale. Siva non appartiene a nessuna di queste tre categorie; fa parte di una categoria particolare che viene chiamata siva-tattva. Egli non è isvara-tattva, né, sakti-tattva, né jiva-tattva e la sua posizione lo rende, dopo Visnu, la persona più importante degli universi materiali. Infatti Siva è presente in tutti gli universi, mentre Brahma è presente solo in ogni singolo universo; in altre parole in ogni universo è presente un Brahma diverso. Nel nostro universo Brahma possiede quattro teste, ma negli altri universi ne possiede molte di più.

Brahma è un essere vivente, una jiva, un'anima che ricopre questa posizione particolare. In ogni universo questa posizione è ricoperta da una jiva differente, mentre Siva è lo stesso essere in tutti gli universi. La sua posizione quindi è molto più elevata. C'è poi un'altra ragione per la quale la posizione di Siva è più elevata di quella di Brahma e degli altri deva. Quando Visnu crea il mondo materiale non contatta direttamente la Propria energia illusoria, maya, perchè Visnu non è mai illuso dalla Propria potenza illusoria. Egli è sempre consapevole di Sé Stesso. Come contatta allora maya? La guarda. Ma questo sguardo non Lo mette in contatto diretto con lei perché questo Suo sguardo prende la forma di Siva, Sambhu. Guardando l'illusione, Visnu, che rimane nella Propria posizione trascendentale, crea, manifesta il rappresentante, Sambhu, Siva, che entra in contatto diretto con essa. In un certo senso Siva è perciò Visnu stesso, Visnu che contatta maya e che non entrando direttamente in contatto con lei, crea Siva.

Visnu, la Verità Assoluta, possiede eternamente una potenza che viene chiamata cit: è sempre consapevole di Se Stesso. La potenza cit è la potenza di conoscenza, la potenza di cognizione, che si manifesta in due modi: il primo è che Visnu conosce sempre perfettamente Se Stesso e le Sue energie e non fraintende mai nulla, il secondo è che attraverso questa potenza Lo si può conoscere, può farSi conoscere. Visnu perciò non può degradarSi: nel momento in cui Egli contatta l'illusione non è più Lui, ma un Suo aspetto che prende il nome di Siva. Prendiamo come esempio il latte e lo yogurt. Il latte, quando viene messo in contatto con determinati agenti, tipo i fermenti, diventa yogurt. E' latte, mantiene alcune caratteristiche del latte, ma possiede allo stesso tempo altre caratteristiche che non gli permettono più di essere chiamato latte. Così dal latte si può produrre lo yogurt, ma dallo yogurt non si può ricavare il latte.

Visnu include tutte le qualità di Siva ma Siva non possiede tutte le qualità di Visnu. E' situato però in una posizione molto particolare, perché è grazie a lui che gli universi materiali si manifestano. Non solo è presente in ogni universo ma è anche il consorte di maya, dell'energia illusoria che fornisce il corpo a innumerevoli deva. La sua posizione quindi è molto elevata. Infatti Sati, la moglie di Siva, parlando con Daksa, suo padre, dice: "Come è possibile che tu non riesca a comprendere che anche Brahma è sottoposto a Siva? Brahma ne è consapevole, come lo sono tutti gli altri deva e tutti gli esseri viventi." Tutti adorano Siva, sia coloro che vogliono raggiungere il brahmananda (gioia spirituale), sia coloro che desiderano ottenere delle facilitazioni materiali. Le facilitazioni materiali che Daksa desidera ottenere gli verranno fornite da Durga-Devi che essendo agente di Visnu fornirà anche i risultati del sacrificio. E Siva è il compagno di Durga, suo marito.

Daksa scioccamente non si rende conto della posizione elevata di Siva e Srila Prabhupada fornisce la seguente spiegazione a chi si domanda: "Perché non chiarire allora che Visnu è il Supremo e che i poteri di cui sono dotati i deva, Siva incluso, possono farlo fraintendere?" Krishna dà il potere di concedere benedizioni ai deva a causa dei desideri degli esseri viventi. Chi ha il desiderio intenso di godere di questo mondo materiale può fare in qualche modo una specie di avanzamento, sia cercando di soddisfare il proprio desiderio, anche se è un percorso irto di difficoltà, sia elevandosi a un pianeta superiore dove potrebbe con una migliore associazione e una maggiore conoscenza, se non rimane invischiato nelle attività gratificatorie, rinunciare alla gratificazione dei sensi. Così Krishna dà ai deva un po' di fama e un po' di potere, in modo che certa gente, adorandoli, non rimarrà in uno stato animalesco. La Bhagavad-gita dice che le persone che sono sotto l'influenza della virtù adorano i deva.

Questa adorazione è naturalmente motivata e nasce dall'illusione. Situarsi nei pianeti superiori è però un'illusione in qualche modo migliore di quella di coloro che rimangono nel vikarma, (cioè compiono attività peccaminose) sotto la completa influenza dell'ignoranza, perché nei pianeti superiori c'è maggiore conoscenza. Sui pianeti  superiori  infatti lo Srimad-Bhagavatam è composto da tre milioni di versi, mentre qui sulla Terra ne ha solo diciottomila. C'è maggiore conoscenza e purtroppo però anche un maggiore piacere per cui si può rimanere attratti ancor più dalla vita materiale. Per questa ragione Krishna dà ai deva la possibilità di diventare molto famosi e molto adorati dagli esseri umani, anche se questo non deve creare fraintendimenti sulla Sua posizione. E' un'offesa pensare che Krishna e Visnu siano sullo stesso piano degli esseri celesti. C'è una differenza abissale. Non è neppure possibile paragonarli perché Krishna è sattva-valambhi parasattva visuddha sattvam: Krishna è il supporto e il sostegno dell'esistenza di tutti gli esseri viventi, Siva incluso. Siva non potrebbe esistere se Visnu non ne sostenesse l'esistenza. E così pure i deva.

deva non possono esistere autonomamente da Visnu. I deva non sono altro che anime in possesso di corpi creati dall'energia di Visnu ed essendo anime sono anch'essi frazioni infinitesimali di Visnu stesso, che ne è il controllore eterno. Nessuno perciò avrebbe ragione di esistere né come deva, né come essere umano se non come servitore di Visnu, se non come subordinato di Krishna, e porre un essere celeste sullo stesso piano di Krishna o di Visnu significa offendere Krishna, diminuirne la potenza, e non avere una visione corretta delle Loro differenti posizioni. Sati è pienamente consapevole della posizione di Siva, sa che dopo Visnu viene Siva e vorrebbe far sì che Daksa imparasse umilmente a collocarsi nella giusta posizione, perché mantenendo una mentalità offensiva si autodistrugge. Sta facendo il possibile per farlo tornare in sé, spiegandogli ciò che dicono le autorità spirituali. Quando si vuole convincere qualcun altro di qualcosa, il modo migliore è citare gli sastra, (le Scritture) e citare a sostegno di ciò che si sta dicendo i nomi delle autorità spirituali che lo possono confermare.

Krishna Stesso nella Bhagavad-gita, quando parla con Arjuna, menziona nomi di saggi. E anche Arjuna quando glorifica Krishna menziona nomi di saggi, di autorità spirituali. Tutti citano le autorità spirituali. Menzionare quindi sastra e autorità spirituali è il modo di dare sostegno, di porre enfasi su ciò che si sta dicendo, sull'argomento che si sta sostenendo. Sati menziona Brahma, il progenitore dell'universo, padre sia di Siva che di Daksa, padre di tutti gli esseri viventi. Sta tentando tutto il possibile, usando gli argomenti migliori, ma Daksa ha il cuore roso dall'invidia. In realtà, nella sua intelligenza, Daksa intuisce che Siva è in una posizione di superiorità, Daksa non è così sciocco da non sapere nulla della posizione di Siva. Però l'invidia è un meccanismo tale da far sì che anche se si è consapevoli di qualcosa, anche se si ricorda qualcosa, questa cosa venga messa immediatamente in secondo piano. Daksa non pensava di poter far arrabbiare Siva. La rabbia del Signore o del Suo rappresentante è benevola per l'essere vivente.

Quando si entra in contatto con il puro devoto del Signore o con il Signore Stesso, sia che il Signore mostri un'apparente benevolenza nei nostri confronti, sia che sia arrabbiato, l'anima trae del beneficio. Sati funge quindi da catalizzatore, da innesco per l'esplosione della rabbia di Siva e quando Siva si arrabbierà l'orgoglio di Daksa verrà completamente distrutto. Daksa dovrà piegare la testa, anzi gliela taglieranno e gli metteranno la testa di una capra, in modo da imparare che l'invidia gli ha portato solo grandi disgrazie. E Daksa imparerà. In un modo o nell'altro il devoto deve sempre sperare che Krishna Si prenda cura di lui. Ovviamente spererà che questa cura sia sempre amorevole e sa che la cura amorevole del Signore è evocata dal proprio atteggiamento umile e sottomesso. Sa altresì che l'atteggiamento irato del Signore è evocato da altri modi di pensare e di agire. E' quindi sempre attento a non commettere offese, ad essere giusto e buono nei confronti di Krishna, dei Suoi rappresentanti e anche dei deva, perché non si può (anche se loro non sono allo stesso livello di Krishna) pensare di essere al loro livello, disprezzarli o mancare loro di rispetto.

Ciò non significa che debbano essere adorati: devono essere rispettati. Una persona che è rispettosa e umile gode del favore di tutti. Chi è invece irrispettoso non è caro a nessuno. Citraketu era diventato re dei Vidyadhara per le austerità che aveva compiuto. Mentre viaggiava in aeroplano sopra Kailasa, aveva visto Siva che parlava con dei saggi con Durga seduta sulle sue ginocchia. Citraketu si era messo a ridere, gli aveva mancato di rispetto: "Siva parla di filosofia con una donna seduta sulle ginocchia." Durga lo aveva maledetto e anche se Siva l'aveva redarguita subito, la maledizione era ormai partita e Citraketu dovette rinascere come Vritasura. Tuttavia poiché era stato maledetto da Durga, che è la consorte di Siva, il più grande tra i devoti, e poiché Siva era benevolo nei suoi confronti, questa nascita gli servì per tornare nel mondo spirituale, grazie al fatto che Citraketu aveva mantenuto uno spirito devozionale anche con un corpo da asura. Citraketu era stato disattento ed era dovuto rinascere, mentre avrebbe potuto perfezionarsi in quella stessa vita. Aveva commesso l'offesa di essere stato critico nei confronti di Siva. Dovremmo imparare come non fare errori in questa vita e, sviluppando un atteggiamento equanime e sottomesso, dovremmo guadagnarci il favore degli acarya, i migliori tra i devoti. Srila Prabhupada ha detto che quando gli acarya sono soddisfatti, Krishna è soddisfatto e quando Krishna è soddisfatto è sicuro che potremo tornare a Lui.

 

domenica 10 gennaio 2021

"LO STATO LAICO" da "I dialoghi di Srìla Prabhupàda"

 

Questo dialogo tra Sua Divina Grazia A.C. Bhaktivedanta Swami Prabhupàda e l'ambasciatore dell'India in Svezia ebbe luogo a Stoccolma, nell'autunno del 1973.


Srìla Prabhupàda: L'America e l'India e molti altri Paesi nel mondo hanno uno "stato laico". I capi del governo dicono di non voler favorire nessuna religione particolare, ma di fatto stanno favorendo l'irreligione.

Ambasciatore: Si, abbiamo un problema. Abbiamo una società multireligiosa per cui noi, gente del governo, dobbiamo stare molto attenti.
Non possiamo prendere una posizione troppo decisa sulla religione.

Srìla Prabhupàda: No, no. Il governo deve prendere una posizione decisa sulla religione. Naturalmente dev'essere neutrale verso tutte le forme di religione autentica, ma ha anche il dovere di accertarsi che la gente sia genuinamente religiosa. Il governo non deve permettere che, in nome dell' "stato laico", la gente vada all'inferno.

Ambasciatore: Si, è vero.

Srìla Prabhupàda: Se lei fosse musulmano, il compito del governo dovrebbe essere quello di accertarsi che lei realmente agisca da musulmano. Se lei fosse indù, il compito del governo dovrebbe essere quello di accertarsi che lei agisca da indù. Se lei fosse cristiano, il compito del governo dovrebbe consistere nell'accertarsi che lei agisca da cristiano. Il governo non può abbandonare la religione. Dharmena hìna pasubhih samàn: se le persone diventano irreligiose, diventano degli animali. Quindi è compito del governo accertarsi che i cittadini non diventino animali. La gente può professare forme diverse di religione. Non ha importanza. Ma dev'essere religiosa. "Stato laico" non significa che il governo debba diventare insensibile: "Lasciamo che le persone diventino come cani e gatti, senza religione". Se il governo non se ne preoccupa, allora non è un buon governo.

Ambasciatore: Condivido quanto lei dice. Ma la politica, sapete, è l'arte del possibilismo.

Srìla Prabhupàda: No. Politica significa accertarsi che la gente si elevi, che i cittadini diventino spiritualmente più evoluti. Che non si degradino.

Ambasciatore: Si, sono d'accordo. Ma penso che il compito principale del governo sia creare condizioni in cui le persone di grande talento, capi spirituali come lei, possano operare. Se il governo si spingesse più in là di così, potrebbe forse contaminare i vari gruppi religiosi. Penso che il governo debba essere come un giudice di gara, creando le condizioni, creando le condizioni per la libertà di parola.

Srìla Prabhpàda: No. Il governo deve fare di più. Per esempio, avete un ministero per il commercio; il governo controlla che il commercio e le imprese industriali stiano procedendo bene, in modo corretto. Il governo rilascia licenze. Ci sono supervisori e ispettori. Un altro esempio: avete un ministero per l'istruzione, ci sono ispettori che controllano che gli studenti vengano istruiti correttamente. Allo stesso modo il governo dovrebbe avere uomini esperti che possano controllare che gli indù stiano effettivamente agendo come indù, i musulmani come musulmani e i cristiani come cristiani. Il governo non dovrebbe essere indifferente alla religione. Può mantenersi neutrale. "Quale religione si professi, non è nostro compito occuparcene". Ma è compito del governo vedere che stiate agendo bene e che non stiate bleffando.

Ambasciatore: Sicuramente...per ciò che riguarda la condotta morale. Ma più di questo, com'è possibile?

Srìla Prabhupàda: La questione è che non è possibile avere una buona condotta morale se non vengono effettivamente seguiti i principi religiosi.

yasyàsti bhaktir bhagavaty akincana
sarvair gunais tatra samàste suràh
haràv abhaktasya kuto mahad-gunà
manorathenàsati dhàvato bahih

"Chi ha una ferma devozione per Dio manifesta in modo consistente tutte le qualità divine. Ma chi non ha tale devozione deve sempre inventare nuovi schemi per sfruttare l'energia materiale ed esterna del Signore, perciò non può essere dotato di alcuna qualità morale". (Srìmad-Bhàgavatam 5.18.12)
Finchè avete fede in Dio, devozione per Dio, tutto va bene. Dopotutto Dio è uno. Dio non è nè indù, nè cristiano, nè musulmano. Dio è uno, ed è per questo che la letteratura vedica dice:

sa vai pumsàm paro dharmo
yato bhaktir adhoksaje
ahaituky apratihatà
yayàtmà suprasìdati

"Il supremo dovere dell'umanità è conseguire il servizio d'amore devozionale per Dio. Solo tale servizio di devozione, immotivato e ininterrotto, può soddisfare completamente il sè". (Bhagavad-gìtà 1.2.6)
Quindi è necessario essere religiosi. Altrimenti non si può essere soddisfatti.
Perchè c'è in tutto il mondo tanta confusione e insoddisfazione? Perchè la gente è diventata empia.

Ambasciatore: A Mosca molte persone sono ostili alla religione, completamente contro di essa.

Srìla Prabhupàda: Perchè parlate di Mosca? Dappertutto. Almeno a Mosca sono onesti. Dicono onestamente: "Non crediamo in Dio".

Ambasciatore: E' vero, è vero.

Srìla Prabhupàda: Ma altrove dicono: "Sono induista, sono musulmano, sono cristiano, credo in Dio", ma non sanno niente di religione. Non seguono le leggi di Dio.

Ambasciatore: Temo che molti di noi siamo così. E' vero.

Srìla Prabhupàda: (Risate). Dovrei dire che almeno a Mosca sono dei gentlemen. Non riescono a capire la religione, quindi dicono: "Non crediamo". Ma questi altri mascalzoni dicono: "Si, siamo religiosi. Crediamo in Dio". E invece compiono le azioni più empie. Molte volte ho chiesto ai cristiani: "La vostra Bibbia dice "Non uccidere". Perchè uccidete?" Essi però non sono in grado di dare alcuna risposta soddisfacente. E' detto chiaramente: "Non uccidere", e loro mantengono mattatoi.
Che cosa significa?


 

sabato 9 gennaio 2021

"COS’E’ UN GURU?" di A.C. Bhaktivedanta Swami Prabhupada

 


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                                                                 Conferenza tenuta da

SUA DIVINA GRAZIA A.C. BHAKTIVEDANTA SWAMI PRABHUPADA

Il giorno del Suo Vyàsa-pùjà nel 1973 a Bhaktivedanta Manor in Inghilterra

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om ajnana-timirandhasya

jnananjana-salakaya

caksur unmìlitam yena

tasmai srì gurave namah

 

“Sono nato nel più profondo buio dell’ignoranza, ma il mio maestro spirituale ha aperto i miei occhi con la torcia della conoscenza. Offro a lui i miei rispettosi omaggi”

 La parola ajnana significa ignoranza o buio. Se tutte le luci di questa stanza si spegnessero immediatamente, non saremmo in grado di dire dove noi o gli altri stiamo seduti. Tutto diventerebbe confuso. Allo stesso modo siamo tutti nel buio in questo mondo materiale, che è un mondo di tamas. Tamas o timira significa buio. Questo mondo materiale è buio, perciò ha bisogno di essere illuminato dalla luce del sole o dalla luna. C’è però un altro mondo, un mondo spirituale, che è al di là del buio. Questo mondo è descritto da Srì Krishna nella Bhagavad-gìtà (15.6):

 

na tad bhàsayate sùryo

na sasànko na pàvakah

yad gatvà na nivartante

tad dhàma paramam mama

 

“La Mia dimora non è illuminata né dal sole né dalla luna né dall’elettricità. Chi la raggiunge non tornerà mai più in questo mondo”

 

DAL BUIO ALLA LUCE

Compito del guru è portare i suoi discepoli dal buio alla luce. Così, come per ignoranza si contrae una malattia, per ignoranza tutti oggi stanno soffrendo. Se non si conoscono i principi dell’igiene, per esempio, si ignoreranno anche le possibili cause d’infezione. Quindi a causa dell’ignoranza c’è infezione e noi soffriamo per questa malattia. Un criminale potrebbe dire: “Non conoscevo la legge”, ma non sarà scusato se commette un crimine. L’ignoranza non ha scuse. Analogamente un bambino, non sapendo che il fuoco brucia, toccherà il fuoco. Il fuoco non penserà: “E’ un bambino e non sa che io brucio”. No, non ci sono scuse. Proprio come esistono le leggi dello stato, esistono anche precise leggi naturali e queste leggi agiranno a prescindere dalla nostra ignoranza. Se facciamo qualcosa di sbagliato per ignoranza, dobbiamo soffrire. Questa è la legge. Che sia legge di stato o legge di natura, rischiamo di soffrire se non la rispettiamo.

Compito del guru è fare in modo che nessun essere umano soffra in questo mondo materiale. Nessuno può dire di non soffrire. Non è possibile. In questo mondo materiale sono presenti tre forme di sofferenza: adhyatmika, adhibautika e adhidaivika. Queste forme di sofferenza sono miserie che provengono dal corpo materiale e dalla mente, da altri esseri viventi e dalle forze della natura. Possiamo soffrire di angoscia, possiamo soffrire a causa di altri esseri viventi – formiche, zanzare, mosche – o possiamo soffrire a causa di qualche potere superiore: per esempio potrà verificarsi un caldo eccessivo oppure un freddo eccessivo; alcune sofferenze quindi ci sono imposte dalla natura e sono queste che, singolarmente o combinate tra loro, ci fanno soffrire in questo mondo materiale.. Nessuno può dire di essere completamente libero dalla sofferenza.

Possiamo allora chiederci perché l’essere vivente stia soffrendo. La risposta è: per ignoranza. L’uomo non pensa: “Sto commettendo errori e sto conducendo una vita peccaminosa; è per questo che soffro”. Perciò il primo compito del guru consiste nel liberare il discepolo da questa ignoranza.

Noi mandiamo i nostri figli a scuola per salvarli dalla sofferenza. Se i nostri figli non ricevono un’istruzione temiamo che debbano soffrire. Il guru sa che la sofferenza è dovuta all’ignoranza che è paragonabile al buio. Come può essere salvata un persona che si trova nel buio? Con la luce. Il guru ha la torcia della conoscenza e la offre all’essere vivente prima che venga avvolto definitivamente dal buio. Questa conoscenza lo solleva dalle sofferenze dovute al buio dell’ignoranza.

 

IL GURU E’ UNO 

 Ci si può chiedere se il guru sia assolutamente necessario. I Veda spiegano che lo è:

tad vijnanarthamsa gurum eva bhigacchet

samit-panih srotriyam brahma-nistham

                              (Mundaka Up. 1.2.12)

 I Veda ci ingiungono di ricercare un guru; in realtà dicono di ricercare il guru, non un guru. Il guru è uno perché proviene da una successione di maestri.Ciò che Vyàsadeva e Krishna insegnarono 5000 anni fa è ciò che viene insegnato anche adesso. Non c’è nessuna differenza tra le due istruzioni.Sebbene centinaia di migliaia di àcàrya siano andati e venuti, il messaggio è sempre quello. Il vero guru non parla diversamente dal suo predecessore.Alcuni spiritualisti dicono: “Secondo la mia opinione dovresti agire così”, ma questo non è un guru. Tali pretesi guru sono soltanto mascalzoni.L’autentico guru ha una sola opinione: quella espressa da Krishna, da Vyàsadeva, da Narada, da Arjuna, da Srì Caitanya Mahaprabhu e dai Goswami. 5000 anni fa Srì Krishna rivelò la Bhagavad-gìtà e Vyàsadeva la trascrisse. Srìla Vyàsadeva non disse: “Questa è la mia opinione”. Scrisse testualmente: Srì Bhagavàn uvàca, cioè: Dio, la Persona Suprema, disse. Tutto ciò che scrisse Vyàsadeva fu rivelato in origine da Dio, la Persona Suprema. Srìla Vyàsadeva non diede la sua opinione personale. Di conseguenza Srìla Vyàsadeva è un guru. Non interpreta le parole di Krishna, ma le trasmette esattamente come furono pronunciate. Se spediamo un telegramma, la persona che lo recapita non deve né commentarlo né fare aggiunte. Deve semplicemente consegnarlo. Questo è il compito del guru. Il guru può essere questa o quella persona, ma il messaggio è lo stesso, perciò si dice che il guru è uno. Nella successione di maestri troviamo solo la ripetizione dello stesso argomento. Nella Bhagavad-gìtà (9.34) Krishna dice: “

man-manà bhava mad-bhakto

mad-yàij màm namaskuru

màm evaisyasi yuktaivam

atmànam mat-paràyanah

 

“Pensa sempre a Me, diventa Mio devote, offriMi I tuoi omaggi e adoraMi. Perfettamente assorto in Me, certamente verrai a Me”. Queste autentiche istruzioni furono ripetute da tutti gli àcàrya: Ramanujàcarya, Madvàcarya e Caitanya Mahàprabhu. Anche i sei Goswàmì trasmisero lo stesso messaggio e noi stiamo semplicemente seguendo le loro orme. Non c’è nessuna differenza. Noi non interpretiamo le parole di Krishna dicendo: “Secondo me la battaglia di Kuruksetra rappresenta il corpo umano”. Queste sono interpretazioni da mascalzoni. Sono molti nel mondo i guru mascalzoni che forniscono la propria opinione, ma noi possiamo sfidare qualsiasi mascalzone. Un guru mascalzone può dire: “Io sono Dio” o “Siamo tutti Dio”. Va bene, ma dobbiamo cercare nel vocabolario qual è il significato della parola Dio. In genere il vocabolario ci dirà che la parola Dio indica l’Essere Supremo. Possiamo allora chiedere a questo guru: “Sei l’Essere Supremo?”. Se non capisce, dobbiamo allora cercare il significato di “supremo”. Qualsiasi dizionario ci spiegherà che “supremo” significa “la più elevata autorità”. Potremo quindi chiedere: “Sei la più elevata autorità?”. Il guru mascalzone, sebbene si dichiari Dio, non potrà rispondere a questa domanda. Dio è l’Essere Supremo e l’autorità più elevata. Nessuno Lo eguaglia o è più grande di Lui. Eppure ci sono molti guru che si proclamano Dio, molti mascalzoni che pretendono di essere il Supremo. Tali mascalzoni non possono aiutarci a scappare dal buio dell’esistenza materiale. Non possono illuminare il buio in cui ci troviamo con la torcia della conoscenza spirituale. Il guru autentico si limiterà a presentare ciò che il guru Supremo, Dio, dice nelle Scritture autentiche. Un guru non può cambiare il messaggio della successione dei maestri. Una volta c’era un Signore di nome Vallabhàcarya, molto devoto a Srì Caitanya Mahàprabhu. Vallabhàcarya scrisse un commento allo Srìmad-Bhàgavatam e lo presentò a Caitanya Mahàprabhu dicendo: “Srì Caitanya, ascolta per favore il mio commento allo Srìmad-Bhàgavatam. Lo troverai di gran lunga migliore di quello di Sridhara Swami”. Srìdhara Swami era un commentatore molto anziano. Caitanya Mahàprabhu respinse immediatamente Vallabhàcarya dicendo: “Pretendi di aver scritto qualcosa di meglio di Sridhara Swami?”. Quindi Srì Caitanya Mahàprabhu lo punì dicendo: “svaike yini na manena, tini vesya”.  Srì Caitanya usò sarcasticamente la parola svami, che significa anche marito. Disse: “Penso che la persona che non riconosce lo svami (il marito) sia una prostituta”. In altre parole: “Se non riconosci Srìdhara Swami, allora sei una prostituta. Come posso ascoltare le parole di una prostituta?”.

 

NESSUNA RICERCA E’ NECESSARIA

Dobbiamo capire che non possiamo effettuare una ricerca per trovare la Verità Assoluta. Caitanya Mahàprabhu stesso ha detto: “Il Mio guru mahàràja, il Mio maestro spirituale, Mi considerava un grande sciocco”. Chi rimane un grande sciocco davanti al suo guru è lui stesso un guru.

Se uno però dice: “Sono così avanzato che posso parlare meglio del mio guru” è solo un mascalzone. Nella Bhagavad-gìtà (4.2) Srì Krishna dice:

 

eavam paramparà-pràptam

imam ràjarsayo viduh

sa kàleneha mahatà

yogo nastah parantapa

 

“Questa scienza fu trasmessa attraverso la successione di maestri e i re santi l’hanno ricevuta in questo modo. Ma con il tempo la successione dei maestri si è interrotta e questa scienza così com’è sembra ora perduta”.

Non si può accettare un guru soltanto perché è di moda. Chi è serio nel comprendere la vita spirituale ha bisogno di un guru.Trovare un guru è una questione di necessità perché bisogna essere molto seri per comprendere la vita spirituale, l’azione appropriata, Dio e la propria relazione con Lui. Quando siamo molto seri nella comprensione di questi argomenti, abbiamo bisogno di un guru. Non dobbiamo avvicinare un guru soltanto perché al momento è di moda. Deve esserci sottomissione; infatti se non ci sottomettiamo non possiamo imparare. Se andiamo da un guru soltanto per sfidarlo, non impareremo niente. Dobbiamo invece accettare il guru nell’attitudine in cui Arjuna accettò il suo guru, Srì Krishna stesso (Bhagavad-gìtà 2.7):

 

kàrpanya-dosopahata-svabhàvah

prcchàmi tvàm dharma-sammùdha-cetàh

yac chreyah syàn nascita brùhi tan me

sisyas te’ham sàdhi màm tvàm prapannam

 

“Ora sono confuso, non so più qual è il mio dovere e ho perso la calma a causa di una debolezza meschina. In questa condizione Ti chiedo di dirmi chiaramente ciò che è meglio per me. Ora sono Tuo discepolo e un’anima sottomessa a Te. Istruiscimi, Ti prego”.


DA “DIO” A CANE 

Questo è il modo di accettare un guru. Il guru è il rappresentante di Krishna, il rappresentante dei precedenti àcàrya. Krishna dice che tutti gli àcàrya sono Suoi rappresentanti: perciò al guru va offerto lo stesso rispetto che si offrirebbe a Dio. Come Visvanatha Cakravarti Thakura dice nelle sue preghiere al maestro spirituale: “yasya prasàdàd bhagavat-prasàdo: “Per la grazia del maestro spirituale si riceve la benedizione di Krishna”. Di conseguenza se ci sottomettiamo al maestro spirituale autentico, ci sottomettiamo a Dio. Dio accetta la nostra sottomissione al guru. Nella bhagavad-gìtà (18.66), Krishna ci istruisce:

 

sarva-dharmàn parityaiya

màm ekam saranam vraja

aham tvàm sarva-pàpebhyo

moksasayisyàmi mà sucah

 

“Lascia ogni forma di religione e abbandonati a Me. Io ti libereò da tutte le reazioni del peccato. Non temere”.

Qualcuno potrà dire: “Dov’è Krishna? Mi sottometterò a Lui”. Ma non è così; il procedimento vuole che prima ci si arrenda al rappresentante di Krishna, poi ci si arrenda a Krishna. Perciò è detto: “saksàd-dharitvena samasta-sastrair,  il  guru equivale a Dio. Quando noi offriamo il nostro rispetto al guru, stiamo offrendo il nostro rispetto a Krishna”. Poiché stiamo tentando di essere coscienti di Dio, ci viene richiesto di imparare come offrire rispetto a Dio per mezzo del Suo rappresentante. In tutti gli sastra il  guru viene definito equivalente a Dio, ma il guru non dice mai: “Sono Dio”. Il dovere del discepolo consiste nell’offrire al guru il rispetto che offrirebbe a Dio, ma il guru  non pensa mai: “I miei discepoli mi stanno offrendo lo stesso rispetto che offrono a Dio”. Non appena inizia a pensare in questo modo, diventa un cane, anziché Dio. Per questa ragione Visvanatha Cakravarti dice: “kintu prabhor yah priya eva tasya”. Poiché è il servitore più confidenziale di Dio, al guru va offerto lo stesso rispetto che viene offerto a Dio. Dio è sempre Dio, il guru è sempre il guru. Dal punto di vista dell’etichetta, Dio è il Dio da adorare e il guru è il Dio adoratore (seva-bhagavan). Perciò ci si rivolge al guru chiamandolo prabhupàda.  La parola prabhu significa “signore” e pàda significa “posizione”. Quindi prabhupàda significa “colui che ha preso la posizione del Signore”. E’ come dire “sàksàd-daritvena samasta sàstrair”. Solo se siamo molto seri nel comprendere la scienza di Dio è richiesto un guru. Non dobbiamo cercare un guru per una questione di moda. Chi ha accettato un guru parla in maniera intelligente. Non dice mai sciocchezze. Questa è la prova che ha accettato un maestro spirituale autentico. Dobbiamo certamente offrire tutto il nostro rispetto al maestro spirituale, ma dobbiamo anche ricordare come seguire le sue istruzioni.

Nella Bhagavad-gìtà (4.34) Srì Krishna stesso ci insegna il metodo per ricercare e avvicinare il guru:

 

tad viddhi pranipàtena

pariprasnena sevayà

upadeksyanti te jnanam

jnàninas tattva-darsinah

 

“Cerca di conoscere la verità avvicinando un maestro spirituale, ponigli delle domande con sottomissione e servilo. L’anima realizzata può rivelarti la conoscenza perché ha visto la verità”.

Il primo procedimento è quello di sottomettersi. Dobbiamo cercare una persona elevata e sottometterci di buon grado a lei. Gli sàstra affermano che prima di accettare un guru occorre studiarlo attentamente per scoprire se possiamo sottometterci a lui. Non dobbiamo accettare un guru impulsivamente, per fanatismo. E’ molto pericoloso. Anche il guru deve studiare la persona che desidera diventare suo discepolo per vedere se è adatta. Questo è il modo in cui si stabilisce una relazione tra guru e discepolo. Tutto è previsto, ma dobbiamo affrontare il procedimento in maniera seria. A questo punto possiamo essere istruiti e diventare discepoli autentici. Prima dobbiamo trovare un guru autentico, stabilire la nostra relazione con lui e agire di conseguenza. Solo allora la nostra vita avrà successo perché il guru può illuminare il discepolo sincero che è immerso nell’oscurità.


RENDERE PERFETTA LA NOSTRA VITA 

Ciascuno di noi è nato mascalzone e sciocco. Se fossimo nati istruiti perché avremmo bisogno di andare a scuola? Se non coltiviamo la conoscenza non siamo migliori degli animali. Un animale potrà dire che i libri non sono necessari e che è diventato un guru, ma come si potrà ottenere la conoscenza senza lo studio dei libri autorevoli di scienza e filosofia? I guru mascalzoni tentano di evitare queste cose. Dobbiamo capire che noi tutti siamo nati mascalzoni e sciocchi e che dobbiamo essere illuminati. Dobbiamo ricevere la conoscenza per rendere la nostra vita perfetta. Se non renderemo perfetta la nostra vita saremo sconfitti. Qual è la sconfitta? La lotta per l’esistenza. Stiamo tentando di ottenere una vita migliore, di raggiungere una posizione superiore e per questo stiamo lottando molto duramente, anche se non sappiamo cos’è veramente una posizione superiore. Qualunque posizione abbiamo raggiunto in questo mondo materiale dovrà essere abbandonata. Possiamo avere una buona o cattiva posizione; in ogni caso non potremo rimanere qui. Potremo guadagnare milioni di dollari e pensare “Adesso ho una buona posizione”, ma un po’ di dissenteria o il colera potrebbe porre a termine alla nostra posizione. Se la banca fallisce, la nostra posizione è perduta. In effetti non esiste nessuna buona posizione in questo mondo materiale. E’ una farsa. Quelli che tentano di raggiungere un posizione migliore nel mondo materiale sono alla fine sconfitti perché in realtà non esiste nessuna posizione migliore. La Bhagavad-gìtà (14.26) dice qual è la posizione migliore:

 

màm ca yo ‘vyabhicàrena

bhakti-yogena sevate

sa gunàn samatìtyaitàn

brahma-bhùyàya kalpate

 

“Colui che s’impegna completamente nel servizio di devozione, senza mai deviare, trascende subito le tre influenze della natura materiale e raggiunge così il livello del brahman”

Ma esiste una scienza che possa darci un genere di conoscenza grazie alla quale possiamo diventare immortali? Si, possiamo diventare immortali, ma non nel senso materiale. Non possiamo ricevere questa conoscenza nelle cosiddette università. La conoscenza grazie alla quale possiamo diventare immortali è quella contenuta nelle Scritture vediche. Questa immortalità è la nostra posizione migliore. Non più nascite, non più morte, non più vecchiaia, non più malattia. Il guru quindi si assume una responsabilità molto grande. Deve guidare il suo discepolo e metterlo in grado di diventare un candidato idoneo alla posizione perfetta, l’immortalità. Il guru dev’essere competente per guidare il suo discepolo e riportarlo a casa, riportarlo a Dio.

Grazie.

 

 

 

 

martedì 5 gennaio 2021

"L’IMPUREZZA E’ SOLO APPARENZA" di Sua Grazia B.R. Sridhara Deva Goswami Maharaja

 Srila Rupa Goswami ha dato l’esempio delle sacre acque del Gange. Esternamente possono sembrare sporche, ma questa sporcizia esterna fatta di fango, bolle e schiuma, non possono cambiare la capacità purificante delle sue acque. Similmente, l’anima pura, l’atma, il devoto stesso, è un agente purificatore, il fattore più puro e normale esistente nel mondo. Qualsiasi cosa possa essere vista esternamente nel suo carattere è come il fango e la schiuma che si trovano nelle acque del Gange. La capacità purificante delle sue acque è separata e non può essere perturbata da nessuna schiuma o sporcizia mescolata con l’acqua. La capacità spirituale non dipende da nessuna forma di apparente capacità materiale. A volte un vaisnava può essere visto come avido, collerico, fisicamente cieco, sordo o noioso, ma il suo carattere santo è indipendente dalle caratteristiche fisiche o mentali.

Durante il viaggio di Srì Caitanya Mahàprabhu nel sud dell’India, accadde l’episodio di Vasudeva vipra, a Kurmaksetra. Lui era un lebbroso e allo stesso tempo un grande devoto. Il suo comportamento era singolarmente esemplare; se qualcuno dei vermi che si trovavano nelle sue piaghe cadeva a terra, lo raccoglieva e lo ricollocava nella piaga, in modo che il verme non morisse. Era un devoto avanzato. Mahàprabhu lo abbracciò e dovuto al contatto con il Signore la lebbra svanì. Anche Srìla Sanàtana Goswàmì contrasse delle piaghe in tutto il corpo a causa del contatto con l’acqua contaminata nella foresta mentre ritornava da Vrindavana verso Puri. Mahàprabhu era solito dare il benvenuto con un abbraccio, ma Sanatana cercava di appartarsi. Diceva: “Non toccarmi! Questo è il corpo di un uomo peccaminoso”. Le piaghe erano purulente ed emanavano un cattivo odore, ma Mahàprabhu lo abbracciava energicamente. Sanatana era deciso: “Lascerò questo posto o inviterò la morte gettandomi sotto le ruote del carro del Signore Jagannàtha”. Siccome, però, il Signore si trova nel cuore di ognuno, Mahàprabhu conosceva la mente di Sanatana. Lo ammonì e lo abbracciò fortemente. Tutte le piaghe scomparvero e immediatamente il corpo di Sanatana divenne dorato. Mahàprabhu disse: “Sanatana, tu sei un vaisnava. Il tuo corpo non ha difetti. Apràkrta-deha tomàra pràkrta kabhu naya. “Krishna mi sta mettendo alla prova. Io sono un sannyàsì e Lui sta esaminando se c’è una parzialità nel mio comportamento verso un vaisnava solamente perché esternamente il suo corpo è pieno di piaghe. Lui mi sta esaminando per vedere se evito e disdegno l’associazione di tale vaisnava. Però il tuo corpo è già puro, e con l’unico proposito di dimostrarlo al pubblico, Krishna ha creato questa situazione. Se non si riesce ad intravedere questo, avrò fallito e sarò stato ingannato da Krishna. E’ una semplice esibizione, non è niente; il tuo corpo è puro perché sei un vaisnava, un devoto di Krishna. Questa impurezza è solamente un’apparenza che ha il fine di soddisfare un qualche proposito divino di Krishna.

Dovunque ci sia un vaisnavatà, un vero santo consacrato, non può esserci contaminazione. Solamente per provare la Mia devozione, Krishna ti ha inviato a Me in questa condizione”.

Così, Mahàprabhu lo abbracciò comprovando la sua assoluta purezza. Sia che siamo esternamente puri o impuri, il principio reale è la nostra esclusiva devozione a Krishna. In un senso ordinario, anche le gopi sono peccatrici. Esse violarono le leggi sociali e quelle degli Sastrà, così loro sono “peccatrici”. Mantengono, però, la posizione più elevata di purezza per la loro dedizione esclusiva a Krishna, al cento per cento, anche correndo il rischio di violare la totalità dei codici morali. Loro sono considerate come l’ideale più alto di devozione. Questa classe di devozione, però, non è a buon mercato; non è ad uso e consumo di persone che compiono ogni genere di attività in nome, dicono, di questi ideali. Non funziona così. Quell’ideale non è a disposizione di coloro che compiono qualsiasi azione in nome della pura devozione, come fanno i pràkrta-sahajiyà. Questo non deve essere permesso.

 

Dal libro “Sermoni del Guardiano della Devozione”

di Sua Grazia B.R. Sridhara Deva Goswami Maharaja

sabato 2 gennaio 2021

"PER AVER MASTICATO IL SUO VELENO, QUEL VELENO VERRA’ A ME" di Srila B.R. Sridhara Deva Goswami Maharaja

 

Nella norma, o nell’interpretazione generale, il principiante nel servizio devozionale può avere molte cattive tendenze nel suo comportamento, ma quando egli maturerà dovranno sparire. Tuttavia, potrebbe persistere un comportamento a volte indesiderabile, almeno esternamente.

Più ci preoccuperemo della condotta degli altri, più perderemo il nostro tempo e la nostra energia. Questo modo di agire, invece di produrre un beneficio, produrrà una reazione negativa. Se cerco di trovare delle mancanze in qualcuno, specialmente in un devoto, queste ritorneranno indietro contro di me. Cercando di trovare del veleno nel suo corpo, quel veleno verrà a me. Abbandona una simile attitudine, cerca di trovare ciò che c’è di buono negli altri, questo ti aiuterà. Al tempo del nostro Guru Maharaja (Srìla Bhaktisiddhanta Sarasvati Thakura), c’era un sistema nella Math (Missione). Egli ordinava che un devoto avrebbe dovuto glorificare un altro devoto, specialmente uno che non era di suo gradimento. Così, il primo devoto si trovava forzato a trovare il buono nel devoto che particolarmente non gli piaceva, e facendo questo otteneva un beneficio.

Scartando quelle che, secondo il suo concetto, erano brutte qualità, egli doveva cercare tutto quello che c’era di buono da trovare, traendo così un beneficio per se stesso. Non c’è nessuna necessità di alimentare cose brutte, in nessun luogo, specialmente in altri devoti. Krishna si fa carico delle Sue anime arrese (ananya-bhak). Cosi, tutto il buono o il cattivo che può essere presente in loro è sotto la Sua responsabilità. Qualsiasi vizio, o malizia, presenti in un devoto, per Sua volontà scompariranno in un certo momento, o può anche essere che Krishna desideri mantenere quello stato di cose con il fine di servire qualche Suo proposito. Dobbiamo avere questa visione. Non dobbiamo rischiare di criticare chi si trova sotto la protezione di Krishna, perché accumuleremo solo molti problemi. Dobbiamo cercare di trovare il buono negli altri, perché ciò ci aiuterà enormemente. Non è una questione teorica, è la considerazione più pratica.

Comparazione tra il Narada Bhakti Sutra e la spiritualità di San Francesco

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          Uno dei testi straordinari sulla Bhakti Vaishnava, il Narada Bhakti Sutra, presenta dei meravigliosi sloka, che trovo così vicini al pensiero e alla vita del nostro Bhakta, che è il Santo di Assisi Francesco. Nel terzo sloka del Narada Bhakti Sutra si pongono le basi iniziali per definire la natura dell'amore; lo sloka recita così: “amrta-svarupa ca”, che tradotto significa:“ed è di natura immortale; essa è' la bhakti”. La bhakti è della stessa natura di Dio, ed è amrta, immortale; la natura dell'amore supremo è di natura non ordinaria, e vi si accede rimuovendo gli ostacoli che ne impediscono la realizzazione. Nel salmo 145-18 si dice che il Signore è vicino a quelli che lo invocano, a quelli che lo cercano con cuore sincero. San Francesco è stato un uomo particolarmente carismatico e la sua santità sembra coniugarsi bene alla spiritualità orientale. Lui era un autentico innamorato di Dio; il dharma supremo è offrire amore a Dio, è questa la via per la totale e completa soddisfazione. Il Signore è trascendente, di natura spirituale e la Sua percezione va al di la della materia e alla capacità dei nostri strumenti sensoriali, che non sono adatti a una tale visione. Per amare c'è bisogno che si ami, solo così diventerà parama-bhakti, e questa era anche la condizione di San Francesco; un amore folle, un folle amore per Dio. Nella tradizione delle Chiese d'Oriente esiste una tipologia che non è conosciuta dalla Chiesa d'occidente ed è chiamata 'pazzia per Cristo'. I pazzi di Cristo sono chiamati in Greco 'soloi' e in Russo 'yurodivij'. I pazzi in Cristo hanno rigettato la saggezza umana per acquisire solamente la saggezza spirituale. Anche nella tradizione della bhakti vaishnava è stato Caitanya Mahaprabhù a mostrare tutti i segni dell'amore estatico, i cui sintomi si evidenziarono anche nel Suo corpo, nelle Sue continue estasi d'amore. Narada è dell'opinione che le caratteristiche fondamentali della bhakti è la consacrazione di tutte le attività, abbandonandosi al Signore e soffrire, sentire tutta l'angoscia quando ci dimentichiamo di Lui. Attraverso la purezza, che è il requisito primo per lasciar passare la luce della bhakti, insieme alla dedizione,la continuità e la coerenza, possiamo percepire Dio in ogni cosa attraverso azioni come respirare, cucinare, mangiare, lavorare con spirito di abbandono, immergersi completamente in Lui. Anche San Francesco, contemplando la bellezza del Creato, ('Theoria physike' come veniva chiamata dai Padri del deserto), era capace di pervenire alla conoscenza di Dio attraverso la creazione. L’universo visibile diventa quindi un libro aperto per gli amici di Dio, una scuola per le anime; la contemplazione della creazione è lo strumento che l'uomo santo utilizza per intravedere la presenza di Dio nel mondo. Il mondo è una teofania di Dio, un sacramento della Sua presenza, come tutta la tradizione patristica ha sempre sottolineato. Negli ultimi decenni in occidente la moda dilagante è quella di negare la creazione dell'universo da parte di Dio, una cosa considerata completamente naturale per millenni e millenni, improvvisamente divenuta da temerari affermare la presenza di Dio dietro a così tanta meravigliosa perfezione. Tutto questo in nome della scienza positivistica, che formula l'idea di un universo con tutte le sue complessità, che non abbia bisogno di un progettista, di una intelligenza che coordina il tutto. Dio non è un icona, Dio è trascendente ed immanente e al tempo stesso è presente in ogni atomo; Vishnu, colui che tutto penetra e sostiene. In conclusione possiamo notare come l'amore vero, quello puro, esente da tutte quelle contaminazioni che lo trasformano in libido, in eros, è presente in tutte le Tradizioni autentiche, e tante persone sante di tutte le epoche, ne hanno assaporato e manifestato tutti quei sintomi che fanno di un uomo una fonte inesauribile di gioia e benevolenza per quella parte di umanità che sappia cogliere per intero tutto l'inestimabile valore. Mi sia concesso un esempio tratto dagli insegnamenti di Doroteo di Gaza tratti da un passaggio della Filocalia: “Supponiamo che per terra ci sia un cerchio, cioè una linea tonda tracciata con un compasso. Centro si chiama propriamente il punto che sta in mezzo al cerchio. Adesso state attenti a quello che vi dico. Pensate che questo cerchio sia il mondo, il centro del cerchio sia Dio, e le linee che vanno dal cerchio al centro siano le vie, ossia i modi di vivere degli uomini. Quanto più i Santi avanzano verso l'interno, desiderano avvicinarsi a Dio e si avvicinano gli uni a gli altri, quanto più si avvicinano a Dio, tanto più si avvicinano l'un l'altro e quanto più si avvicinano l'un l'altro, tanto più si avvicinano a Dio. Similmente immaginate anche la separazione. Quando infatti si allontanano da Dio e si rivolgono verso l'esterno, tanto più si allontanano gli uni con gli altri. Ecco. questa è la natura dell'amore. Quanto più siamo fuori e non amiamo Dio, altrettanto siamo distanti dal prossimo. Se invece amiamo Dio, quanto più ci avviciniamo a Dio per mezzo dell'amore per Lui, altrettanto ci uniamo all'amore del prossimo e quanto più siamo uniti al prossimo, tanto più siamo uniti a Dio”. La potremmo definire l'equazione dell'amore.