domenica 15 maggio 2022

"La Trasformazione di Abhay" (Srila Prabhupada).

Srila Bhaktisiddhanta e Srila Prabhupada

“Nonostante Abhay fosse attratto dal nazionalismo, qualcosa durante il breve incontro con Bhaktisiddhanta aveva fatto battere forte il suo cuore. Il loro colloquio non era durato tanto, forse un’ora; tuttavia, in quel breve lasso di tempo Bhaktisiddhanta era riuscito a confutare le teorie di Abhay secondo cui Dio occupava un posto di secondo piano rispetto alla politica e che l’indipendenza offriva una soluzione duratura ai mali dell’India. L’India soffriva a causa della mancanza di una rivoluzione spirituale, affermava Bhaktisiddhanta, e battersi per l’indipendenza politica non faceva altro che distrarre dall’unica vera e fondamentale campagna lanciata da Caitanya Mahaprabhu, quella di rimettere Dio al suo posto nel Creato. Il ruolo dei britannici era irrilevante; non soltanto l’India, ma l’intera umanità aveva bisogno di essere liberata.

In realtà, era accaduto qualcosa di più.

“Fu proprio durante il mio primo darshana”, o incontro, come scrisse Abhay più tardi, “che imparai ad amare”. Alla presenza del suo guru, alcuni tratti di Abhay, sviluppati grazie alla formazione vaisnava, tra i quali la compassione, la chiamata al servizio, la visione del divino nel cuore di ogni creatura terrena, si fusero. Non gli occorse una vita di sofferenza per prepararsi a tale epifania. Già a ventisei anni Abhay aveva visto del mondo materiale quanto bastava per capire che non era un luogo ospitale. Amava sua madre, ma il suo amore non poteva impedire che lei morisse. Amava la sua famiglia, ma nulla l’avrebbe tenuta in vita per sempre. Niente dura in questo mondo, ma l’anima non viene mai distrutta. Solamente allora, alla presenza di qualcuno che viveva al di fuori del tempo fisico, cominciò a intravedere le implicazioni che quella verità avrebbe significato per il mondo intero.

La trasformazione di Abhay nel più grande missionario moderno della storia che ha dedicato la sua vita al servizio di Krishna, non è avvenuta tutta in un istante, bensì durante un percorso di evoluzione che si è svolto nei successivi quarant’anni. Tuttavia, l’incontro con il suo guru fu fondamentale perché servì ad alzare il sipario sul resto della sua vita”.


Da “Uno Swami in terra straniera” di Joshua M.Greene


 

lunedì 9 maggio 2022

"Una nuova generazione di uomini santi"


“La visione vedica asserisce che la coscienza non è il prodotto di una combinazione chimica o di leggi fisiche, come la maggior parte delle scienze sperimentali sostiene, e Srila Prabhupada spronava i suoi studenti s essere fortemente assertivi su questo punto. Non mi sembra ci abbia mai incoraggiato ad essere pacifici o tranquilli. Al contrario, erano frequenti i riferimenti alla lotta contro maya (illusione), che consisteva nel lavorare diligentemente per smascherare la fallacia della convinzione che la coscienza ha un inizio o una fine. La vita, insisteva, è eterna.

Prabhupada portò a termine la sua missione durante gli anni Sessanta e Settanta, quando ci si aspettava che i maestri spirituali fossero pacifisti. Egli ribaltò tale credenza. Ad esempio, non si schierò contro la scienza, ma definì “diabolici” gli scienziati che presumevano di togliere Dio dalla creazione. Sono anche noti i suoi apprezzamenti nei confronti degli hippie riguardo la scelta di manifestare la loro insoddisfazione verso il consumismo. Condannava, infine, il governo statunitense per il fatto di inviare i giovani a morire sui campi di battaglia e di non riuscire a fornire loro una direzione spirituale. Una delle sue azioni più controverse fu quella di premiare i suoi studenti con l’Iniziazione Braminica, che fondamentalmente innalzava un’occidentale laico della “casta bassa” a sacerdote della “casta alta”, un’innovazione che fece adirare la gerarchia religiosa. Attraverso questo attivismo spirituale, pose le basi per una nuova generazione di uomini santi.

Da” Uno Swami in terra straniera”

di Joshua M. Greene (Yogesvara das)